sensomobilita

 

PRIMA STESURA IN TEDESCO 1966/77

TRADUZIONE IN ITALIANO 1975

La mancanza di chiarezza domina la nostra epoca. L’idea che tutto sia possibile, realizzabile, incide negativamente sulle reali possibilità. Ciò è dovuto alla concezione errata di una tecnologia (forse sopravvalutata) capace di infinite realizzazioni. L’uomo d’oggi vaga nello spazio, si serve dei computer, ha a disposizione un arsenale affascinante di macchine e cervelli elettronici ma perde le capacità di plasmare con la fantasia e con il sogno di un attimo il lavoro del suo tempo. La maggior facilità si trasforma in inerzia creativa. Il rischio dell’utopia si è dileguato; la città costringe l’uomo, l’uomo accetta.s1

Così il concetto di città-organismo, di architettura organica, flessibilità, dinamismo, metabolismo ecc. nato dal sogno di uno spazio organizzato per l’uomo si risolve in una foresta di armature in cemento, acciaio, vetro, di cellule stabilite, di figurazioni in cui non vi è scelta per le necessità individuali. Dov’è la speranza di avere una città che vive e si trasforma alle continue esigenze, dove lo spazio-città che si evolve fino a rendersi vivo della stessa vitalità dei suoi abitanti? Dove si è fermato quel processo di rivalutazione semantica dell’architettura, problema essenziale di una funzione comunicativa o meglio, lettura del progresso architettonico socio-culturale?

Se necessità storiche e sociali hanno consigliato l’abbandono della più naturale armonia, quale architettura la restituirà all’uomo in nuove strutture?
La colonna (Pilotis, travi, strutture metalliche ecc.) con tutta la sua rigidità e solidità, purtroppo rimane ancora oggi il simbolo di un sistema statico considerato al suo apparire tanto ideale quanto illusorio e che risulta con maggiore evidenza in progetti di future città. Questa staticità (calcoli di peso, persone, sicurezza) che dovrebbe essere una garanzia di economia e di sicurezza, appare in tutta la sua inutilità non appena si azzarda un calcolo più reale in rapporto alla sua funzionalità.

Infatti nella colonna, calcolata per un numero x massimo di persone e per un carico stabilito (carico di sicurezza e peso proprio), la sezione rimane invariata nonostante l’azione di forze non sempre di uguale intensità e di differenti valori che gravano su di essa. Perché no allora la creazione di una colonna capace di prendere forma in diretta relazione alle forze che vars2

iano in essa?

Ecco l’esistenza ancora di un’utopia tecnologica: il desiderio di una architettura che si strutturi da sé, che si organizzi alle esigenze del tempo, che sappia rispondere alla casualità, che risenta dell’incidente momentaneo, in altre parole che perda qualsiasi carattere di rigidità. Naturalmente lo stesso problema va considerato per l’elemento spazio; una stanza, una piazza, una strada, uno stadio ecc. che ora vengono dimensionati e fissati nei limiti di sicurezza e di contenuto dovrebbero, nel progetto di “organismo”, trasformarsi e assumere dimensioni e forme in rapporto al dinamico e continuo movimento delle masse, delle famiglie, dei singoli individui che in essi svolgono le più svariate attività.

La flessibilità, le pronte reazioni e la disponibilità di una costante adeguatezza di attrezzature contribuiscono a gestire qualsiasi nuova strutturazione sociale. È quindi logico pensare che la tanto acclamata e decantata funzionalità dei nostri tempi solamente in un futuro organico

s3troverà il suo più autentico significato e la più aperta espressione mettendo in evidenza tutto il clamore (le vere possibilità) della moderna architettura che nonostante le dichiarazioni che giungono da ogni parte ancora interviene con funzioni solo limitative e restrittive. Naturalmente non è facile trovare delle soluzioni tecniche che possano aiutare nella realizzazione pratica. Questo sforzo creativo deve essere l’impegno e la gioia dei futuri creatori di spazio-organico. Essi non saranno più degli “architetti”... anzi in un tale futuro verrà a mancare la funzione che oggi si lascia esplicare solamente a loro. Il nuovo tecnico che si occuperà di questi problemi sarà il chimico industriale, il biologo forse, o lo studioso di una nuova scienza: un sogno ancora aperto alle possibilità dello studio e della creatività umana, il piacere della ricerca rivolto all’acquisizione di una materia ancora non scoperta che possa rispondere alle esigenze delle masse quanto attraverso gli individui stessi.
Tentiamo un’ipotesi. Invece della “colonna” perché no una “pelle”, una “membrana” a funzione pneumatica in cui la materia (una schiuma chimico-biologica, un microrganismo sintetico) reagirà alle forze statiche comprimendosi, dilatandosi, deformandosi. Una struttura simile alla compacta e alla spongiosa del femore. s4s5

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Nello stesso modo non avremo più pareti rigide e limitative quali muri o porte (anche se scorrevoli), ma possibilità simili al movimento peristaltico soggette a continue modificazioni spaziali. Cioè una massa amorfa cellulare dalle infinite capacità quante le scelte e i desideri dell’uomo. In altre parole una terza pelle dell’uomo.

Le nuove città non saranno più costituite da un insieme di complessi o di singoli fabbricati ma esse risulteranno da un intero nucleo mobile che a una visione aerea apparirà quasi simile all’osservazione microscopica di un’ameba. Quindi non solo l’idea di spazio in movimento ma di un’architettura in moto come fatto vivente.

Naturalmente l’acquisizione di un tale nuovo concetto di spazio comporta l’esigenza di disporre di una nuova estetica, un rinnovamento soprattutto etico dei rapporti tra i singoli individui e la società, tra le masse e l’ambiente. Certo sarà interessante lanciare qualche ipotesi sulle funzioni urbane dei nuclei. E qui ogni ipotesi risulterà meno reale di ciò che in effetti potrà risultare.

 

 

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Per esempio le attuali strade e piazze avranno la caratteristica di vere e proprie arterie che si snoderanno all’interno del contesto urbano e si svincoleranno a seconda delle necessità, i servizi pubblici avranno la loro urbanità all’interno con diramazioni dei numerosi uffici competenti, tra loro allacciati, e nello stesso tempo raggiungibili da ogni punto. Così, partendo da queste ipotesi, si può osservare che i nuovi nuclei a una vera e propria funzionalità biologica aggiungeranno uno scatto romantico che sembra essere elemento ignorato dalle moderne concezioni tecnico-architettoniche.

Questa nuova ricchezza può riportarci alla lamentata antica armonia scomparsa. Da notare che una tale architettura-organismo potrà solo esistere se la tecnica ci fornirà una materia inorganica e dal lato formale (gestaltico) essa potrà essere soltanto un’architettura amorfa, quindi quasi a ironia del linguaggio odierno essa risulterà funzionale nella misura opposta all’utilitarismo odierno.

Da aggiungere anche che in virtù di questa nuova materia ogni unità potrà a seconda dei gusti e delle esigenze sopravvenute trasportare il proprio spazio con sé. Cioè a differenza del metabolismo (spazio che deriva dalla somma delle cellule) nel quale lo spazio è razionato (cellule metaboliche) o dell’architettura meccanica, nelle future strutture amorfe non sarà più lo spazio, sempre uguale, a trovare nuove ubicazioni, ma sarà più lo spazio, sempre uguale, a trovare nuove ubicazioni, ma sarà sempre l’individuo a stabilire e spostare nel suo dinamismo il proprio ambiente.

Naturalmente ci rendiamo conto che l’uomo dal lato psicologico reagirà a tali possibilità in maniera imprevedibile, specie nella fase di esperimento prima e di adattamento poi.
Ma non saremo noi a tentare ipotesi su questo campo che va oltre le nostre conoscenze e i nostri eventuali mezzi terapeutici perché, è inutile nasconderlo, a tanta libertà di scelta, l’uomo contemporaneo non è ancora abituato e sappiamo quanto sia difficile, nel senso più positivo della parola un adattamento a uno stato di libertà e di autodisciplina; anche perché i secoli di oscurantismo, in quel momento, graveranno come non mai fino ad oggi.
Dal lato estetico siamo convinti che la struttura amorfa avrà un maggiore carattere di espressività, avvantaggiata dalla continua trasformazione della sua massa per effetto degli sviluppi della società che ospita e delle esigenze individuali.
Certamente gli schizzi che azzardiamo sono solo dei flash di un’ipotesi, ben diversa sarà la visione di questo spazio-movimento, che solo una fantasia abituata al piacere delle visioni avveniristiche potrà registrare. Immagine-movimento, ecco una nuova dimensione. In questa struttura amorfa non sarà più necessaria la tanto cercata caratteristica di “misura umana” in quanto l’uomo vivrà in rapporto diretto tra sé stesso e la struttura.

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